Luogo di pubblicazione Napoli
Editore [s.n.t.]
Data di pubblicazione 1839
Descrizione fisica Pagine 8 ; 20x13 cm
Soggetti linea Napoli-Nocera e Castellammare
Tipologia Monografia
Lingua di pubblicazione Italiano
Nazione di pubblicazione Italia
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Testo

CANTO EROICOMICO
SU LA NUOVA PANATTERIA FRANCESE,
E
SU LA PRIMA STRADA DI FERRO
COSTRUTTA IN ITALIA,
dedicato agli amatori
DELLE DOLCI, ED UTILI NOVITA'. (*)
NAPOLI
1839.


(*) Godendo di esternare alla meglio la mia gratitudine verso quanto ci viene di piacevole, ed utile d' Oltrernonte, trascrivo alcuni versi che dovranno declamarsi dimani in un amichevole consesso accademico, premiato di una ricca colazione fornita del novello Pane Francese, ed imbandita sui confini della Via di Ferro.
Alle usate parole di panattiere, panettiera, ho creduto aggiungere anche panatteria, per tradurre la parola francese Boulangerie in una sola, schivandone Ia perifrasi. Qual fortuna per me se il Frullone invece di rifiutare, ai degnerà di accogliere questo granello di farina creato dal bisogno, e non dal capriccio!


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CONTO EROICOMICO.

Altri canti del Gas l'uso novello,
Che pianger fa dell'olio i venditori,
Ed altri il Dagherotipo pennello
Che farà disperar tutti i pintori!
Io vuò cantar con franche rime, e strane
La Via di ferro, ed il Francesco pane.

Comincierò dal pan, cui gentil donna
Con tal grazia dispensa, e cortesia,
Ch'ogni dì d'avventor più, e più s'indonna,
Crescendo pel suo pan la simpatia,
Sì che dal primo albor sin tutta notte
Lo ingozzan sempre mille bocche ghiotte.

O Pane, o nostra quotidiana manna,
Senza la qual per questo aspro deserto
Più si smacra, chi più a impinguar si affanna;
Chè un po' di pan ben fatto egli è per certo
Quel cibo, che dall'uom sempre è goduto;
Dunque, o pane, tu sia il benvenuto.

Te di crosta, e di polpa dilicato,
Te in fior di giusto sale, e di cottura,
Te saluto tesauro del palato!
Al dir della Ippocratica scrittura
Quaeque indigestio mala, panis autem
Pessima... (pessimissima, tu in autem,

Rima ignota, ti lascio, e vado innanzi.)
Pane, tu non ci soffochi la gola;
Nel torace importuno tu non stanzi;
Ma te sì bene la ventresca mola
Macina, che a dir ver, (non so che sia)
Te più manico, più manicheria.


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Tu se' quel pan, che or fatto Rè de' pani,
Me' di spugna t'inzuppi entro del brodo,
Ed ove gli altri fan ribrezzo ai cani,
Al sol vederti immensamente io godo:
Quanto rídon miei denti in brancicarti,
Quanto grilla mia lingua in baciuccarti!

Benvenuto sia tu! cessi l'amico
Sul tuo bel nome di portar lamento;
Ch'egli sarebbe di Ragion nimico,
Se non gridasse «dell'errar mi pento.
Il Maccherone, il Gros, ed il Sorbetto
Di Napoli in Parigi è scritto, e letto.

Con grande usura poi, dirla Licurgo,
S'accorda al Franco panattier tal vanto
Da Partenope, ch'ella in Pietroburgo
Gode un vanto divin, per quell'incanto
Di luce, che il suo Cassola ha portato
Là, di Cassola il Sol denominato! (1)

Che no? jersera questo Sol novello,
Emulo del diurno, in vidiando
Que' mille candelabri, che un drappello
Di Veneri irradiava; col mirando
Suo splendor fe' ciascuna assai più bella
Parere, e carbon spento ogni facella!

Più!... su la strada di Costantinopoli,
Locato ad un balcon, parve dall'Orto
Febo sortir, chè i circostanti popoli
Lo salutar qual fusse il dì risorto!
Ma l'Invidia il 'serrò dentro una botte,
Per non detronizzar l'amata Notte.

Dunque è ben giusto sia (con pace vostra)
Detto di Francia un pan sì bello, e buono
Peregrine son l'arti , e l'Età nostra,
D'assidue novità col dolce suono


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Gareggia a dissipar l'alta ignoranza,
E gigantessa la virtù si avanza.

Te benedetto, o pan, che de' Fornaj
Improvviso spavento, or li costringi
A ripararsi da futuri guai,
Mentre tu i panni loro indosso stringi,
Forzando tai furfanti ad aver cura
Di miglior qualità, peso, e misura.

Te benedicon tutti ad una voce,
Ed anco quel, che te comprar non puole,
Che or è miglior, più pesa, e più si cuoce
Anche il pane volgar, nè rie parole
Ora s'odono più per ogni strada
Contro la sacra malmenata biada.

Viva il tuo pan, che fruttò largo pane
Agli attor del Teatro San Carlino,
Chè per serie infinita di dimane
Sceneggiando l'arrivo tuo divino ,
Vider palchi, platea per mesi molti
D'estatici ripieni, ed ebbri volti:

Se non credete a me, di Cammarano
Leggete il lepidissimo Sonetto,
E allor vedrete se ho parlato invano;
Viva Altavilla, che un sì bel subietto
Prese a trattar, degnissimo d'Istoria,
Ei s'abbia un serto dalla patria gloria.

Più potrei dir su te , pane beato,
Che ogni giorno la mia mensa consoli,
Ma troppo ben di te già satollato,
Lascia che a digerirti ora men voli
Per quella via, che nomasi di ferro;
Vale! tuo panegirico qui serro.

Già la curiosità ratto mi porta
A quella fila lunga di carrozze,


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Cui dell'acqua il bollor sù e giù trasporta,
'Ve le genti quai branchi di camozze
S'accalcano a volar, ma ognun seduto
Sul legno, sul cotone, o sul velluto.

Oh Ciel! per due carlini! o dieci, o cinque
Grani! si Corre insino al Granatello,
Et in minutis septem ultra quinque!
Si può sfidar nel corso anco un augello,
Colmo portando un bicchier d'acqua in mano,
Che immoto sta, qual sta monte Gargano!

Sù levigato ferreo piano liscia
La ruota, e d'urti, e scosse non paventa,
Ch'è incanalata nella ferrea striscia;
Nè mai suo forte moto si rallenta;
Dall'una all'altra meta il lungo spazzo
Si ratto io scorro, che in pensarvi impazzo!

O gran Vegliardo, delle tue grand'ali
Ora si ridon le fulminee rote,
D'argine a cento, e centomila mali:
Non più i ronzoni, i ciuchi, i muli vuote
Lasciano l'alte mire del Commercio
Non più or di polve, e fango , intriso e lercio.

Non più un padre, o una sposa si martora
Al dipartir del figlio, o del marito
Che reduci già sono in poco d'ora,
Quantunque fatto un transito infinito:
Ora si spendon sol pochi carlini,
E non qual pria montagne di zecchini.

Ora un popolo intier visita l'altro,
Ed in brevissim'ora, e sia lontano
Trilion di miglia; or l'assassino scaltro
Beffato resta colle mani in mano;
Potrem pranzare a Roma; andare a cena A Milano, o Torin, dormire a Siena!


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Or puoi dir -pesce cotto, e in un mangiato,
Chè caldo arriva o alesso, o fritto, o arrosto,
Divorando la strada, ed un gelato
Giugne intatto, anco sferzi il Sol d'Agosto;
Scriver si ponno ancor cento proposte
E altrettante aver subite risposte!

Può ogni sbarco, e tumulto, e civil guerra
Frenarsi da un esercito all'istante,
Sorvolando in ajuto ad ogni terra;
Ed or meco direbbe anco il gran Dante;
Di longitudo, e latitudo i gradi
Ora fra lor ponno giocare ai dadi!

Chè andrem da Battro a Tile in men che il credi,
E la Locomotiva aerea forza
Ci servirà, come annunciato vedi
Nel recente Giornal, da poggia ad orza;
Chè in terra, in cielo, in mar noi voleremo
Senza cavai, senz'ali, e senza remo!

L'Asia verrà in Europa, e in men d'un giorno,
L'Europa in Asia, l'Africa in America,
Dall'uno all'altro Polo, all'Orbe intorno
Noi anderem, tutta la fascia sferica
Percorrendo seguiti dal baleno;
Non arrivò a far tanto il mago Ismeno!

Da un deserto vedrassi una Cittate
Surger colà ve' molte di tai strade
Saranno in un sol punto concentrate,
E se la peste, od il cholera invade
Un paese, in un lampo gli abitanti
Fuggiranno que' morbi, e trionfanti.

I più lontani, e dilicati fiori
Giungeran freschi, come su lo stelo,
A far più bello il niveo sen di Clori;
Un moribondo lo suo spiro anelo


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Potrà esalar sotto il paterno tetto:
Morir presso la culla è un gran diletto!...

Ma si raccolga alfin l'ampio gomitolo,
Che immenso svolgeria l'indomit' estro:
Della strada di ferro il canto intitolo
Ad Aarmando Bayard, all'uom sì destro
Che propose, tracciò, compì la via,
Ond'or gavazza quà Napoli mia.

In questa età nomata del portento
Mancava il vanto a nostra Italia bella
Di volar dentro il cocchio al par del vento,
Sendo auriga una rapida fiammella!
Primier gustò Sebeto il gran piacere
Di volar sempre, standosi a sedere!

Sciogliamo Inno di grazie al Franco prode,
Che la ferrea approntò strada primiera
Lui si adorni d'un serto, e le sue lodi
La vatidica intuoni eletta schiera,
Vuotando a josa i calici spumanti
Fra mense, e giuochi, e danze, e suoni, e canti.

La sorte arrida a così grande Impresa,
Dall'Adriaco insin l'Etrusco mare
Carri, e merci per sua fulminea tesa
Volino; e d'Etna, e Vesbio in belle gare,
Gittato un ponte fra Cariddi, e Scilla
Godan le genti insieme, e in ogni villa.

Ma fo ritorno alla gentil fornaja
Perchè l'estro già escito m' è dal graffio;
Mangiato il pane, al praticel di Chiaja
Fra Maro, e Tasso le mie vene inaffio
Col mosto, e grido-ognor laudato sia
Il Pan di Francia , e la ferrata Via.

(1) Vedi il bellissimo articolo di M. Ribas nel Foglio n. 40 intitolato il Lucifero.